La precisa descrizione del più antico sistema di segagione è contenuta in una pagina di Plinio il Vecchio (Hist. Nat. I, XXXVI): dopo che i quadratari avevano squadrato i blocchi, i sectores serrarii ricavavano da essi, una ad una, le lastre ottenute mediante una lama di ferro non dentellata che «affidata a tre assi e senza posa conficcata per il taglio sul marmo riusciva, col concorso dell’arena inzuppata e di chissà quanto tempo, a segarlo». Questo sistema rimase in uso fino alla seconda metà del XVIII sec., quando entrarono in funzione le segherie ad acqua (nel settore del legno esse erano attive fin dal XV sec.), le prime delle quali furono costruite dal Conte Giulio Lazzoni (concessione Riccarda Cybo 22-6-1759); dai Conti Del Medico, Monzoni e dai Lodovici (Atto notaio Rossi 1781); dai Conti Luciani (concessione Maria Teresa 1783) e dai Fabbricotti (concessione 23 dicembre 1783).
«Tutto il vantaggio offerto da quel nuovo sistema - notava Carlo Fabbricotti - si riduceva a un lieve risparmio di mano d’opera, che veniva in parte sostituita da un meccanismo assai semplice con cui, previa una ruota mossa da un salto d’acqua, si faceva andare su e giù sul marmo una unica lama affidata a un telaio verticale di vecchio modello».
Solo in epoca successiva un tecnico carrarese, G. Perugi, inventò un telaio a più lame funzionante nello stesso modo.
Grazie all’introduzione dei motori a vapore la produzione andò rapidamente aumentando: nel 1926 i marmi segati furono ben 220.000 tonnellate.
Enrico Marchetti, riferisce che allora «i telai a sospensione a canapi con 40 lame davano 16-18 cm. di cala nelle 24 ore; quelli a vite (sospesi con aste d’acciaio) 22 cm.; quelli ad alimentazione automatica 25-30 cm.».
II sistema di alimentazione automatica fu il vero punto di partenza di tutti gli altri progressi tecnologici in fatto di segagione marmifera.
Anche questo momento della lavorazione del marmo conosce oggi un avanzato e continuo affinamento tecnologico. Telai multilame, a lame diamantate, telai verticali, tagliatrici a lama diamantata, normali e «a ponte»: queste ed altre costituiscono un complesso di macchine perfette che essendo, tra l’altro, svincolate dalla tradizionale ubicazione obbligata, possono essere collocate direttamente in cava rivoluzionando, in molti casi, i consueti momenti di lavoro.