Fossola e MonetaFino al 1832 nessun documento si riferisce a Fossola considerandola nucleo organizzato a sé stante: la sua struttura di villaggio agricolo, lentamente definitasi, e la sua popolazione erano conglobate nel nucleo di Moneta da secoli costituitosi in Vicinanza. A partire dal 1832 la tendenza si invertì: Moneta, ormai decadente, cominciò ad essere assimilata al borgo di Fossola. Il riconoscimento ufficiale di tale tendenza può essere individuato negli atti riguardanti il Censimento della popolazione indetto in quell’anno: essi, contrariamente a ciò che era avvenuto nei due censimenti precedenti (1602 e 1769), tralasciarono Moneta ed elencarono Fossola. Si era così compiuto quel processo, diffuso nella storia urbanistica d’Italia, attraverso il quale il punto fortificato di una zona, dopo essere stato preminente sotto ogni aspetto per secoli, diventò via via secondario in quanto le ragioni della sua preminenza vennero superate da altre esigenze: nel caso specifico l’utilità militare di Moneta venne soverchiata dalla importanza produttiva di Fossola.
Il CASTELLO DI MONETA, ormai ridotto ad un grande ammasso di rovine fra cui si salvano tre o quattro case risparmiate dalla cura di chi le abita, stabilmente o no è situato ad un’altezza di 285 m. s.l.m.; la rocca mostra subito al visitatore i resti della sua Chiesa, già dedicata a S. Giovanni, che dal 1569, quando fu eretta, al 1830, quando cessò di essere offiziata, costituì il centro spirituale del borgo. Venne spogliata dagli uomini e rovinata dal tempo in una misura superiore al lecito. Dal sagrato si staccano una stradicciola che, attraverso una porta a volta, introduce a quello che fu il cuore del borgo murato ed un sentiero, abbastanza percorribile, che gira intorno alle rovine costeggiando torri, mura e bastioni aperti. Una strada tracciata sul versante opposto a quello per cui si è saliti lambisce le rovine.
Pontecimato, San Luca-BonascolaPONTE CIMATO, località già citata nei primi Statuti di Carrara soprattutto in quanto sede di mulini e frantoi che servivano la comunità sparsa per il piano. L’infrastruttura che rendeva il luogo particolarmente importante e utile era, però, una levata d’acqua dal Carrione che nutriva un canale irrigatore: l’incile (cioè la presa d’acqua) serviva la zona compresa fra «Ponte Cimatico usque ad violum Perticata, usque ad Aventia et a violo Molendinario usque ad viam Romanam». (L’altra levata d’acqua, l’unica autorizzata oltre a quella di Ponte Cimatico - il toponimo deriva dal ponte e dalla cimatura dell’acqua che l’incile effettuava nelle sue vicinanze - era a Carrara, nella zona detta ancora La Levatella.)
SAN LUCA - BONASCOLA ha conosciuto un’intensa espansione demografica nell’ultimo dopoguerra; ciò indusse il Vescovo Monsignor Carlo Boiardi a scorporare la zona dalla Parrocchia di S. Ceccardo e ad elevarla, a sua volta, a Parrocchia, con decreto del 24-3-1963. Poco tempo dopo si iniziò la costruzione della Chiesa su progetto dell’arch. Franco Menconi, dedicata alla Madonna del Cavatore. Bonascola, che completa l’unità demografica, è una zona famosa per i suoi vigneti: già ricordata nel secolo XIII in quanto sede di boschi, vigne ed uliveti di proprietà della Curia vescovile prima e del Comune poi.
NazzanoNAZZANO deriva dal Fundum Nathianum del periodo romano. Gli Statuti Comunali del 1396 lo ricordano precisamente. La località era il cuore della ristretta porzione di pianura coltivabile, porzione circondata da acquitrini e paludi (nel 1796 fra Carrara e Massa esistevano ancora otto stagni e tre paludi) che aveva, pressappoco, il seguente perimetro: via Romana (vecchia Aurelia), colline di Greco, Forma, Monticello, Monteverde, Castellaro, Fossone, località, quest’ultima, già bonificata dai Vescovi nel XIII secolo. Negli Statuti di Carrara del 1574 trovano particolare e minuziosa citazione i Betalis Bucaroli Nattianum, cioè il canale irrigatore che serviva la zona e che doveva essere tenuto pulito ed efficiente con estrema cura, pena severissime condanne.
Le colline poste a nord-est di Nazzano sono ancora segnate da una rete di sentieri che, secoli fa, costituiva una rapida via di comunicazione con l’antichissima Pieve di S. Lorenzo di Monte Libero, posta al confine nord-orientale della diocesi lunense: la pieve, scomparsa intorno ai XIII secolo, pare sorgesse sulle rovine di un tempietto pagano dedicato al dio italico del vino, «Liber», dal quale prese nome il colle. Tutta la zona circostante è segnata da toponimi di estrazione romana e pre-romana: Monte Greco, Forma, etc. A rendere più concreta e fondata la radice antichissima di questi nomi sta il fatto che nel perimetro da essi delimitato sono stati rinvenuti, di recente, reperti archeologici, alcuni dei quali vengono datati al I secolo d.C. A questa interessante scoperta Maurizio Barattini ha dedicato un attento saggio (Ritrovamenti archeologici di epoca romana in località “Cerara” a Nazzano - Modena, Aedes Muratoriana, 1973).
AvenzaAlcuni studiosi fanno derivare il nome di Avenza da «avanzo», ovverosia «avanzo di Luni». La suggestiva ipotesi fu incoraggiata dalla considerazione, fondata, che il borgo si organizzò ed ebbe un certo sviluppo in seguito al declinare della già fiorente colonia romana. In realtà il toponimo Avenza (che nei documenti antichi si legge spesso anche nelle forme Aventia, Avencia, Laventia, Lavenza) deriva con tutta probabilità dalla radice A-enza, cioè al fiume (l’etimo «enza» figura nel nome di altri fiumi italiani: l’Enza, che nasce dall’Appennino pontremolese e scorre in Emilia; il Livenza, che scorre nel Friuli)
Avenza è diventata, negli ultimi decenni, una unità a sviluppo quasi continuo lungo l’asse storico della vecchia via Aurelia e, precisamente, nel tratto di questa che va dal viale Galilei alla Zona Industriale, ovverosia lungo una buona porzione dell’area compresa fra i torrentelli Parmignola e Lavello i quali costituirono i limiti, ad ovest e ad est, del primissimo territorio avenzino. Il Lavello, soprattutto, pur nella sua limitata importanza in quanto corso d’acqua, ha sempre rappresentato un’importante linea di confine: in epoca romana, come scrive Sforza, segnò la fine dell’ «agger massese, delimitato dal Lavello a nord e dal Frigido a sud». In epoca più tarda, nel 1185, al tempo di Federico I, era invece il limite meridionale della zona soggetta alla Curia lunense che, fra l’altro, esercitava diritti di «pedaggio, iusticia atque giudicatio a Lavello per tota terra episcopatu». La linea di confine del Parmignola, invece, fu sancita definitivamente mediante un Diploma di Lodovico il Bavaro nel 1328, come attesta Repetti.
E´ disponibile in formato .pdf il testo su Avenza
Marina di CarraraMarina di Carrara include un’area di 4,97 Kmq. sui quali vive una popolazione di 25.000 unità: questo dato, in continuo aumento, riflette da sé l’espansione del nucleo a mare.
Se si considera che nel 1881, quando venne censita per la prima volta come entità demografica a sé stante, Marina di Carrara contava appena 1.590 abitanti, si può misurare con maggior efficacia la rapidità del suo sviluppo.
Fattori fondamentali di questa crescita sono stati il traffico marittimo, il turismo, le attività cantieristiche oltre, naturalmente, ad altre forme di attività fra le quali sono da notare quelle legate al marmo (non solo in riferimento alla sua spedizione). La storia di Marina, perciò, va soprattutto identificata con quella del suo porto: ripercorrere l’una significa raccontare l’altra.
I primi tentativi di costruire un sicuro scalo alla Marina di Avenza risalgono al XVIII secolo e furono compiuti dagli Estensi, che incaricarono delle rilevazioni e del progetto l’inglese ing. Aschenden, inviato direttamente dal Governo Britannico al quale Francesco III aveva chiesto finanziamenti. Gli avversi eventi storici non permisero la realizzazione dell’opera, ma i Duchi di Modena non desistevano dal tentativo di vitalizzare il litorale carrarese nel quale essi avevano il solo sbocco al mare; nel 1833 il governo fece predisporre una sommaria lottizzazione della zona litoranea ed assegnò, gratuitamente, i terreni fabbricabili. Malgrado queste «incentivazioni», però, lo sviluppo demografico ristagnava ed altrettanto avveniva per le strutture necessarie all’imbarco dei marmi: la piccola flotta estense continuava ad essere senza un porto e senza un attracco sufficientemente sicuro.
Fu un inglese, l’industriale Guglielmo Walton, attivo per moltissimi anni a Carrara, che nel 1851 fece progettare e costruire la prima grande struttura pre-portuale: un lungo pontile caricatore che permetteva, finalmente, l’attracco abbastanza agevole delle navi. L’intensificazione dei traffici favorì, naturalmente, anche lo sviluppo demografico.